
Un Manga di molti anni fa, diventato di culto, si intitolava “the Ghost in the Shell”. Nel mondo di confine tra macchine e umani che caratterizzava la cultura cyberpunk degli anni ottanta, la serie giapponese poneva la domanda essenziale: cosa distingue un oggetto che ha un’anima da uno inanimato, se si “comportano” esattamente allo stesso modo?
È il problema che in modo diverso si sono posti il matematico Alan Turing (probabilmente il matematico più raccontato di sempre, considerato il “padre” dell’attuale informatica) e il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (meno conosciuto, ma fondamentale per tutto il pensiero successivo, sia anglosassone, sia europeo continentale), perché testare le teorie, portando il pensiero proprio in quelle terre di confine dove i paradossi e le aporie sono più frequenti, è l’attitudine base di tutti i grandi pensatori.
Oggi in quella terra stiamo imparando a viverci e il chatbot è uno degli incontri comuni, che rientrano ormai nella normalità, che ci mettono di fronte alla domanda “uomo o macchina?”
Alcuni non percepiscono la differenza, altri ne sono irritati. Altri ancora pensano che non sia che uno strumento.Per una categoria ristretta l’AI funziona meglio degli umani. Questi quattro atteggiamenti esprimono le tensioni proprie di una terra di confine.
Probabilmente avrai già interagito con un chatbot, ad esempio quella volta in cui mentre eri al computer ti si è aperta una finestra sullo schermo che ti chiedeva se avessi bisogno di aiuto. Infatti i chatbot elaborano i dati per fornire risposte e richieste. Dunque si tratta di un software che simula una conversazione con una persona umana.
Possiamo definirli intelligenti.
Ormai grazie ad internet tutti noi siamo abituati a una velocità di risposta notevole. I chatbot sono pensati proprio per restituire un dialogo strutturato all’utente finale, utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale.
Un chatbot è sempre presente
Infatti a differenza dei call center umani, un chatbot è presente 24h su 24, 7 giorni su 7. Inoltre, incorporano funzioni di machine learning, per cui imparano dai propri errori e dai comportamenti degli utenti, di cui memorizzano i gusti, le preferenze, gli interessi.
E’ evidente come per le aziende sia importante dotarsi di soluzioni di questo tipo, che diventano anche un utile vantaggio dal punto di vista economico.
Il chatbot di Zoho può essere uno degli elementi forti della brand identity di un’azienda: toglie le chiavi della comunicazione con i clienti al reparto It e le consegna al marketing.
L’utente non si accontenta più di usare i motori di ricerca, ma preferisce interazioni che lo aiutino a risolvere i suoi problemi subito e in maniera soddisfacente. Questo permette di poter garantire al cliente un’esperienza positiva di assistenza. Esperienze negative, invece, allontanano dalla possibilità di acquisto.
Se implementati correttamente, i chatbot possono migliorare la lead generation ed aumentare i tassi di conversione, oltre che facilitare all’utente la navigazione sul sito. Dunque, sono utilissimi al reparto marketing per migliorare la User experience del cliente, oltre che la brand reputation dell’azienda.
L’anima che un chatbot può esprimere è importante per un’azienda oggi, quanto lo era un’affissione 6X3 fino a pochi anni fa.
L’anima del chatbot, che esista o no, viene percepita, “Il fantasma della macchina”, è una scelta di comunicazione.
Per questo un chatbot che punta sulla facilità di programmazione e di gestione è l’approccio giusto per essere in linea con i consumatori di oggi. Se passi dall’uso del mezzo semplice all’uso del mezzo con consapevolezza linguistica, non stai implementando software, stai comunicando.
Quindi un chatbot che funziona senza codice, con funzioni drag and drop, è a disposizione del marketing che ne dispone in modo consapevole linguisticamente, dunque al servizio non solo della CX ma anche della brand awareness.
Contattaci per saperne di più, ti aspettiamo.